Glaus: "Non dimenticherò mai il Comacini"

Ruggero Glaus, per anni voce della Rsi dai più svariati teatri dello sport nazionale e internazionale, coltiva da sempre una passione sfrenata per l’Fc Chiasso, del quale è di fatto la memoria storica... 
«Per me, dopo la famiglia, rappresenta da sempre il grande amore della vita». 

Una passione, la sua, coltivata sin da ragazzino... 
«Con la maglia rossoblù ho fatto tutta la trafila delle giovanili, iniziando dai “pulcini”», all’epoca la prima categoria giovanile. Una strada che mi ha condotto alla squadra riserve e a un fugace esordio nell’allora Dna».

Era la stagione 1964-65 e quelli sono momenti che non si dimenticheranno mai... 
«Assolutamente. Avevo 17 anni e il tecnico Carlo Rigotti mi concesse una quarantina di minuti in quel di Sion. Era l’ultima partita di una stagione che aveva già decretato la retrocessione del Chiasso e forse anche per quel motivo l’allenatore mi mandò in campo. Ad ogni buon conto, ho avuto la fortuna di poter giocare al fianco di Puci Riva, uno dei grandissimi della storia del Chiasso».

A quella partita è legato anche un aneddoto... 
«Il caso volle che quel giorno mi dovetti occupare di René-Pierre Quentin, 34 volte nazionale rossocrociato. In pratica, non vidi palla per tutti i 40’ trascorsi in campo. Alla fine della partita mi si avvicinò Puci Riva e mi disse: ‘Ragazzo, adesso hai capito cosa vuol dire giocare in prima squadra’... Di fatto quelle parole misero fine alla mia avventura ai massimi livelli, visto che poi ho giocato altre due stagioni con le riserve».

I ricordi rossoblù iniziano sin da bambino..
«Non potrò mai dimenticare il vecchio stadio, il mitico Comacini. Era il fulcro di una passione vera, ogni domenica alle 14.30 si riempiva di tifosi e la squadra era seguita con grande calore. Il pubblico rasentava il rettangolo da gioco, gli arbitri erano immersi in una vera bolgia di tifo e sarebbe bastato un ombrello per arrivare a colpire un guardialinee. Il Comacini è stato qualcosa di indescrivibile, anche perché quello era un calcio diverso da quello odierno, un calcio casereccio, dove i giocatori erano nati e cresciuti nel Mendrisiotto. La magia del Comacini, a mio modo di vedere, si è persa quando la squadra si è trasferita al Comunale, stadio sicuramente più moderno, ma pure “freddo” e anonimo».

In quegli anni ancora più di adesso, nel tessuto sociale di Chiasso il Football club ha sempre rivestito un ruolo molto importante..
«In una cittadina che offre poco, il calcio e la ginnastica hanno da sempre dato del tu all’eccellenza. Nell’artistica con i risultati di Arturo Gander e Giorgio Miez e con una tradizione che prosegue tuttora, nel calcio con una squadra sempre rimasta ai vertici e che di fatto rappresentava l’unica società cittadina inserita nell’élite nazionale».

In una vita da tifoso rossoblù sono sfilati in passerella molti giocatori, alcuni dei quali hanno lasciato un segno..
«Tra coloro che più mi hanno impressionato ricordo Herbert Neumann, per il quale avevo una vera e propria adorazione e con il quale ho condiviso un profondo rapporto d’amicizia. Ovviamente, da ragazzo avevo tutta l’ammirazione del mondo – e non credo certo fossi l’unico – per Ferdinando Riva e Francesco Chiesa, uno ala sinistra e l’altro ala destra, due che la storia del Chiasso l’hanno scritta per davvero. Non dimenticherei nemmeno Allan Michaelsen e Mario Prosperi». 

Anche per gli allenatori il ventaglio è ampio... 
«Sicuramente Alfredo Foni, ma anche l’ex nazionale italiano Adolfo Ballonceri, Otto Luttrop ed Herbert Neumann. E Claude Didi Andrey, con il quale il Chiasso conquistò nel 1992 l’ultima promozione nella massima serie».

Un nome solo, invece, per i presidenti... 
«Quello del presidentissimo Luciano Pagani. Fu lui, tra l’altro, a incaricarmi di scrivere il mio primo libro sul club, “Chiassottanta”, opera che avevo portato a termine poco prima del suo decesso, in tempo comunque per consegnargliene una copia».

Oggi si festeggia il 110° anniversario. Gli auguri sono d’obbligo... 
«Auguro all’Fc Chiasso un secondo secolo di esistenza sereno e colmo di soddisfazioni dal profondo del mio cuore, metà rosso e metà blu...».

-La Regione-