Il Chiasso non vince in campionato
dal 23 agosto. Le ultime 11 partite
hanno portato in dote ai rossoblù la
pochezza di 6 punti, frutto di 6 pareggi;
5 le sconfitte.
Il ritmo non è cambiato
neppure con l’arrivo di Giancarlo Camolese
al posto di Marco Schällibaum:
da quel momento, 5 partite, 3 pareggi
e 2 sconfitte. La crisi è nera, tanto che
ha fatto riaffiorare vecchie paure, che
si pensavano già bell’e che sepolte. La
squadra si è persa anche nelle sue migliori
individualità. Persino i trascinatori
dell’“era Schällibaum” – i Guatelli,
i Rouiller, i Maccoppi... – non riescono
più a ritrovare quel livello e quelle prestazioni.
La fragilità del Chiasso arriva
da lontano e può essere spiegata in vari
modi. L’importante è, ora, che nessuno
si neghi di fronte a un necessario
esame di coscienza. Le soluzioni non
passano dal mercato invernale, ma da
una sana assunzione di responsabilità.
La società
Non è più tempo di aggrapparsi alla sfortuna
o all’abbandono subìto da Schällibaum. Chi
piange sul latte versato è perduto, ma in tutti
i casi è utile un esame di coscienza: perché il
Chiasso non rappresentava più una piazza attrattiva
per il suo allenatore? E poi sono stati fatti
alcuni errori di valutazione sul mercato – due
esempi: l’inserimento di Dossena nonostante
Monighetti in crescita, la gestione di Melazzi –
e di comunicazione, dalle sventolate ambizioni
di promozione al velleitario silenzio stampa.
Schällibaum
Detto delle colpe della società, non possiamo
neppure far finta che l’addio di Marco Schällibaum
abbia rappresentato una separazione...
normale. Tutt’altro! Già le voci, mai del tutto
messe a tacere – al di là dei minimi schermi
verbali di rito –, sull’interessamento nei suoi
confronti di YB e San Gallo hanno lavorato
ai fianchi la serenità della squadra, poi il suo
trasferimento all’Aarau, ultimo, ha rappresentato
la mazzata finale. Una decisione, per sua
stessa ammissione, piuttosto egoistica.
Camolese
Il nuovo mister si è presentato a Chiasso con
tanta voglia di fare bene, di tornare a vivere
il campo. Il suo impatto però, sin qui, è stato
modesto, a livello di risultati ma anche di prestazioni.
In 5 partite sotto la sua guida, i rossoblù
hanno ottenuto 3 pareggi e 2 sconfitte,
non riuscendo davvero a reagire rispetto alle
avversità. Sentiamo dire “dopo la pausa...”, ma
intanto ci sembra un peccato sprecare, nell’attesa,
così tante opportunità. Non ci convincono
Rouiller terzino e Lüchinger mezzala.
La squadra
Per capire la fragilità di questo Chiasso, occorre
tornare indietro nel tempo: i rossoblù,
trascinati in salvo dallo stesso Schällibaum,
arrivavano infatti da un lungo periodo di crisi.
Sembrava ne fossero usciti, con la salvezza
e con l’entusiasmo portato in dote dal tecnico
zurighese, ma le prime nuove difficoltà hanno
fatto riemergere quella fragilità appunto,
quelle paure. Il Chiasso è una squadra, a questo
punto, a cui occorre una botta di carattere.
Sbagliato aspettarla solo dall’esterno!
I tifosi
A Chiasso si è insistito tanto per cambiare il
nome dello stadio da Comunale a Riva IV, ma
il leggendario “Puci” avrebbe meritato – oltre a
tale onore – una maggiore e migliore risposta
da parte del pubblico di fede rossoblù. Ormai
la piazza attira solo poche centinaia di spettatori
– numeri da Promotion League, per intenderci,
i più bassi dell’intera categoria cadetta
– e alcune decine di loro se ne stanno addirittura,
per solidarietà (...), fuori dallo stadio. Una
tendenza difficile da invertire.
La struttura
In questo senso, pensando in particolare ai tifosi
– ma anche ai giocatori e allo staff –, non
hanno aiutato neppure i lavori (indispensabili,
va detto!) all’interno del Riva IV, che hanno
reso lo stadio rossoblù un cantiere sempre
aperto, rumoroso e poco attraente. Con la tribuna
in ristrutturazione e il capannone (grande
mossa dell’era Grassi) attualmente sparito,
in questi ultimi mesi lo stadio chiassese non
ha contribuito alla serenità dell’ambiente. Potrà
farlo semmai a lavori completati.
-Giornale del Popolo-