Raimondo Ponte: "A Chiasso feci il lavoro opposto a quanto accadde ora"

Alla vigilia della partita di Coppa tra i rossoblu e lo Zurigo era inevitabile avere un parere sul doppio ex mister Raimondo Ponte. Intervistato sulle pagine del Corriere del Ticino, il tecnico di Windish ha analizzato dal proprio punto di vista il lavoro in casa rossoblu.

Dici Raimondo Ponte e, subito, pensi a un album che scoppia di ricordi. Di pagine di storia, sia da giocatore sia da allenatore, il 65.enne di Windisch ne ha infatti scritte parecchie. Sì, anche in Coppa Svizzera, teatro domani della sfida tra Chiasso e Zurigo. Due squadre che «Mondo» conosce molto bene, avendo rappresentato i due amori più grandi della sua carriera da allenatore. Alla vigilia della gara del Riva IV il nostro interlocutore però tentenna. Di più: spende parole amare. 
«Onestamente in questo Chiasso fatico a riconoscermi. Per più ragioni. Innanzitutto restare al passo del mercato rossoblù è praticamente impossibile. Per dire: nell’ultimo mese sono arrivati talmente tanti giocatori che immaginare una possibile formazione mi è difficile». 

Ponte tiene però a evidenziare un altro aspetto. 
«Dove sono finiti i giocatori ticinesi? Ce ne sono ancora?». 

Alcune giovani promesse, puntualizziamo, hanno firmato il loro primo contratto da professionista. Difficile, comunque, investirli subito con maglie da titolari. 
«E questo è un problema» indica l’ex mister rossoblù: «Quando arrivai a Chiasso io mi comportai esattamente all’opposto. Per prima cosa ci guardammo in giro con l’obiettivo di riportare in Ticino i calciatori di casa partiti oltre Gottardo. L’operazione diede buoni frutti e le cose in campionato andarono per il verso giusto».

Per Raimondo Ponte il discorso non si esaurisce qui. 
«Se non conosce i calciatori della propria squadra del cuore la gente di sicuro andrà meno volentieri allo stadio. È una questione d’identità. A meno che il club vinca sempre o quasi». E, guardando alle ultime, tribolate stagioni, non si può dire che sia il caso per il Chiasso. «Paradossalmente - rileva Ponte - il più ticinese dei rossoblù è l’allenatore: Baldo Raineri. Lo conosco bene. È bravo. Ma in campo non ci potrà andare lui».

E quindi cosa aspettarsi dalla gara di Coppa contro lo Zurigo? 
«Dico una banalità: su una partita secca i rossoblù possono anche pensare di vincere. Soprattutto se la compagine di Magnin, come talvolta le succede, scenderà in campo deconcentrata o sottovalutando l’avversario. Un atteggiamento, questo, che anche la scorsa stagione ha comportato alti e bassi. Peccato, perché la società di Ancillo Canepa può contare su diversi singoli interessanti. A fare la differenza lungo un campionato, però, è il gruppo».

Individualità e collettivo. Sulla propria strada, e in campo e in panchina, Ponte ha incontrato entrambe le realtà. E il palmarès del diretto interessato è lì a confermarlo. Concentriamoci sulla Coppa Svizzera, conquistata due volte con la maglia del Grasshopper. 
«In realtà sento mio anche il trofeo vinto dallo Zurigo nel 2000. Praticamente guidai la squadra in finale prima di venire sostituito da Gilbert Gress». Da trequartista con i piedi educati, dicevamo, arrivarono i successi targati GC. «La prima Coppa Svizzera del 1983 è stata la più bella, anche perché accompagnata dalla vittoria del campionato. Una doppietta splendida». Poi ci fu anche il bis al cospetto dello Sciaffusa, nel 1988. Altri tempi. «Ma il fascino della competizione, a mio avviso, resta lo stesso. È vero, per un giocatore forse il campionato resta uno scalino sopra. Ad ogni modo quando c’è un trofeo in palio e sfide a eliminazione diretta è impossibile non essere motivati».

Torniamo al presente. E, in particolare, alla Super League in rampa di lancio. 
«Prevedo un campionato ancora combattuto» afferma Ponte. Per poi chiarire il concetto: «Lo Young Boys si è indebolito, come il San Gallo d’altronde». L’ex allenatore di Chiasso e Zurigo non vede però di buon occhio nemmeno il Basilea. «Guardi. Sono appena stato all’amichevole persa 5-1 dai renani contro il Saarbrücken, compagine della terza divisione tedesca. Non esattamente il miglior biglietto da visita per Ciriaco Sforza, anche se a lui do poche colpe. Semplicemente determinati giocatori non sono più in grado di fare la differenza. Auguro all’allenatore di partire con il piede giusto, altrimenti rischiano di essere dolori». 
Il Lugano di mister Jacobacci, invece, quanto è temibile? Sentite Ponte: «Il fatto che non ha cambiato molto durante la pausa è positivo. Detto ciò dai bianconeri mi aspetto un po’ di tutto. Sono capaci di arrivare terzi così come di ritrovarsi invischiati nella lotta per non retrocedere». 

E Raimondo Ponte sarebbe pronto per tornare a giocarsi una promozione o a battersi per la salvezza? «Certo. Voi mi credete vecchio. Ma la voglia di tornare su una panchina c’è, eccome». E con essa la voglia di riempire un’altra pagina del personale album dei ricordi.